Svolse intensa attività diplomatica, come nunzio pontificio, presso le varie corti italiane, dove diffondeva insieme le sue idee umanistiche sulla pace universale e le sue opere letterarie, spesso di carattere innovatore e sperimentale.
Sostenitore, sul piano linguistico, di una koinè nazionale che recasse il contributo dei vari dialetti italiani (riprendendo una posizione già espressa da Dante nel De vulgari eloquentia, da lui riscoperto e tradotto in volgare), si scontrò con la tesi toscana del Bembo, uscendone sconfitto.
Scrisse fra l'altro: Sofonisba (1509, pubblicata nel 1523), prima tragedia regòlare italiana; l'Epistola delle lettere nuovamente aggiunte (1524); Il Castellano (1529), dove espose le sue idee sulla lingua;L 'Italia liberata dai Goti (1547-48), uno dei primi poemi epici di materia storica. Fra i suoi meriti si annovera quello di aver intuito e protetto il talento architettonico di Andrea della Gondola, che da lui ebbe lo pseudonimo classicheggiante di Palladio.