Ville

Le ville del Palladio.



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Il paesaggio Veneto al tempo di Roma

Per comprendere la grandezza architettonica delle ville del Palladio, ritengo si debba fare un passo indietro ed indagare non soltanto la storia delle ville venete, ma anche esplorare la loro preistoria.
Il programma essenziale della villa, in cui la categoria del piacere predomina su quella dell'utile, è rimasto invariato per oltre duemila anni, da quando i patrizi dell'antica Roma la ritengono una necessità essenzialmente «psicologica e ideologica»; quella del cittadino che vede nella campagna, oltre che un possibile investimento, un luogo di riposo, ma anche di divertimento, un luogo per il raccoglimento e lo studio.
Questa esigenza dell'uomo di immergersi nella natura, di possedere un pezzo di terra, assume, in una città come Venezia, un valore ed una importanza particolari. Non è da sottovalutare il fatto che Venezia, mai dimentica delle proprie origini, abbia sempre coltivato ed esaltato il mito di Roma antica, della quale si presenta come erede; lei che, mai invasa dai barbari, ne aveva custodito lo spirito nelle sue leggi.
« Venetia - scriverà Andrea Palladio - sola n'è come esempio rimasa della grandezza et magnificienza de' Romani ».
In effetti, nell'antichità, è Roma che, valendosi della sua esperienza e di quella delle altre civiltà mediterranee, dà la forma più complessa e avanzata alla civiltà di villa: una delle più importanti espressioni romane anche sotto l'aspetto dell'architettura.
È la struttura stessa della civiltà di Roma, infatti, basata sull'agricoltura, che favorisce l'affermarsi della villa e degli ideali ad essa connessi.
La capillare organizzazione della campagna di allora, risanata attraverso la bonifica e la centuriazione, attraversata da una rete stradale efficiente che collegava le varie regioni dell'impero, permise alle ville di espandersi ovunque.



Dalla centuriazione alla selva ed alla palude


Con la decadenza dell'Impero romano inizia un progressivo indebolimento del potere dello Stato e la ricchezza esce dalla città: aumentano i potenti delle province, che creano immensi latifondi nelle zone di confine , sui quali governano con una tirannia sconosciuta alla Roma repubblicana ed anche a quella imperiale.
Le ville dei nuovi signori assomigliano sempre più a lussuose regge ben fortificate,con grandi portici, dove verranno raccolti i prodotti dei campi, immensi cortili, su cui si affacciano monumentali logge, dal cui il signore assiste alle cerimonie in suo onore; saranno questi edifici che ambiranno esibire, attraverso l'architettura, la loro potenza.

 
Ville di questo tipo si possono trovare nelle province più lontane da Roma: ma valga per tutte l'esempio di Piazza Armerina, in Sicilia, che è stata paragonata, per la complessità delle architetture, a villa Adriana, di cui un particolare a destra, e che é diventata famosa soprattutto per le decorazioni musive che assumono all'interno il valore di veduta paesistica, come scrive Mansuelli.
Con le invasioni barbariche il decentramento dell'autorità si fece subito ancora più netto. I profondi cambiamenti negli ordinamenti politici determinarono una destrutturazione che portò allo sfaldamento dei sistemi agrari, alla morte dei grandi assi stradali, allo slittamento dei traffici verso nuove arterie.
 

Ma portarono un'altra gravissima conseguenza: il continuo susseguirsi delle carestie e delle epidemie furono la causa primaria della forte contrazione demografica: le campagne furono abbandonate. Il paesaggio subisce in questo periodo un profondo mutamento: prolificano le selve che invadono i resti dei sistemi urbanistici romani, la rete stradale, gli acquedotti, i templi, le ville, le terme, mentre la palude sommerge le campagne centuriate. Le popolazioni vivono miseramente degli scarsi frutti della terra, di pesca e di caccia. Le abitazioni sono povere capanne di paglia, di fango, di canne.

Costruite con materiale del luogo, esse sono espressione tipologicamente funzionale di un modo di vita autarchico. I casoni di valle, ad esempio, che ancora oggi perpetuano una di queste antiche strutture, presentano un vuoto centrale, il «portego», intorno al quale si aprono le stanze e la stalla: soluzione povera, dettata da esigenze pratiche, che però potrà prestarsi ad infiniti sviluppi, non solo nell'architettura rurale ma anche in quella di villa, come è affermato anche dal Palladio.

Ville palladiane


Fu solo con il Palladio che i caratteri tipici della civiltà di villa raggiunsero piena maturità. Mentre le ville del tempo pur presentando le nobili forme della classicità, rimangono episodi abbastanza isolati, quelle del Palladio, invece, riassumono e sublimano tutte le componenti fin qui esaminate, traducendo in termini urbanistici e architettonici idealità e aspirazioni antiche e recenti: esse interpretano con assoluto equilibrio le caratteristiche del luogo e le esigenze del committente senza perdere la loro fondamentale e inconfondibile unità stilistica e poetica; non sono più “ eccezioni ”, ma un modello realizzabile ed esportabile in tutto il mondo.
Solo chi non si è recato nel Veneto, scrive Ackerman, può ridurre Palladio al teorico dei « Quattro Libri » e alle formule dei classicisti: Palladio è anche il «mago della luce, degli spazi e del colore: è tutto questo che può spiegare la fortuna del suo genio in secoli e paesi diversi.
Né si può inoltre sottovalutare che le ville del Palladio concretizzano gli ideali di quel particolare Rinascimento. La villa veneta si può dire rappresenti il punto di arrivo di una rivoluzione ideologica che pose fine al disprezzo per i doni della vita; la Chiesa aveva insegnato a valutare ogni cosa rispetto al suo valore morale, a considerare tutto in rapporto alla religione. La funzione delle creazioni artistiche era quasi esclusivamente quella di esaltare Dio. Anche durante l'Umanesimo, l'uomo, pur amandola appassionatamente, aveva una coscienza molto remota dell'antichità, vista quasi come una irripetibile età dell'oro quindi di ricchezza.
Ma quando “ l'uomo nuovo “ riconquisterà piena fiducia in se stesso, riconoscerà il valore della storia e onorerà chi nei tempi passati ha operato in modo memorabile, allora anch'egli imparerà ad avere come meta ideale la reputazione, la fama, la gloria terrena. E riconoscerà ai poeti e agli artisti il compito di immortalare i suoi ideali; vedrà finalmente nelle architetture che sta costruendo il monumentum, la testimonianza di se’ attraverso la quale spiritualmente continuerà a comunicare con gli uomini; non sono, quindi, edifici destinati a glorificare Dio, come in passato, ma a magnificare le virtù della propria gens e a dare forma ed espressione al proprio genio.
 

Il luògo dove quest'uomo nuovo è nato, si identifica con lui, diventa sua patria ideale: patria che spesso assume il nome suo e della sua gens, contribuendo a tramandarne la fama.
L'amore dell'«uomo nuovo» per la sua terra si esprime nella cura che egli dedica alla villa, cuore di questo suo mondo, sede di ogni sua “ allegrezza”.
Le ville del Palladio vedranno appunto unite "bellezza" e "utilità". In una pagina del suo "Viaggio in Italia", Wolfgang Goethe " avvertì nel Palladio la presenza di due componenti: concretezza storica e idealità. Dalla loro coesistenza ed equilibrio, secondo Goethe, nasce l'essenza poetica, vero fascino dell'arte palladiana.

 
Johann Wolfgang von Goethe,
ritratto da Joseph Karl Stieler nel 1828.

 
Nei «Quattro Libri dell'Architettura» Palladio così illustra e valorizza le sue imprese architettoniche: “ E perché commoda si deverà dire quella casa la quale sarà conveniente alla qualità di chi l'averà ad abitare, e le sue parti corrisponderanno al tutto e fra se stesse, però doverà l'architetto sopra 'l tutto avertire che (come dice Vitruvio nel primo e sesto libro) a' gentiluomini grandi, e massimamente di repubblica, si richiederanno case con loggie e sale spaziose et ornate, acciocché in tali luoghi si possano trattenere con piacere quelli che aspetteranno il padrone per salutarlo o pregarlo di qualche aiuto e favore, et a' gentiluomini minori si converranno anco fabriche minori, di minore spesa e di manco adornamenti. A' causidici et avocati si doverà medesimamente fabricare che nelle lor case vi siano luoghi belli da passeggiare et adorni, accioché i clienti vi dimorino senza loro noia. Le case de' mercatanti averanno i luoghi ove si ripongano le mercanzie rivolti a settentrione et in maniera disposti che i padroni non abbiano a temere dei ladri ”
Già in queste frasi del Palladio vediamo le distinzioni fra i vari tipi di committenti, distinzione che puntualmente corrisponde ai vari tipi di villa, così come vedremo in seguito. A Vicenza, favorito e protetto da Giangiorgio Trissino, Andrea della Gondola trova l'ambiente ottimale per la sua formazione.
Secondo la gerarchia delle parti che ispira l’architettura del Palladio, il corpo centrale “corrisponde alla testa e al torso del corpo umano, mentre l'asse di simmetria corrisponde alla spina dorsale “; nelle ville, poi, la gerarchia stabiliva il predominio della fabbrica dominicale ( quella parte ad uso della famiglia proprietaria della villa ) sulle ali delle barchesse, caratterizzate di solito dall'ordine toscano, mentre il più elegante ionico era destinato ad ornare l'architettura centrale.
Provenendo poi dal mestiere del “ taiapiera “, avendo esperienza e quindi gusto per ogni tipo di materiale, sarà agevolato nella sua arte, nel suo metodo di lavoro e nel fecondo rapporto che avrà con i collaboratori, e i capomastri più valenti.
Palladio intende la villa come bellezza che allieta, come salute e rispetto per l'umanità, come lavoro e profitto per tutti, come natura ed arte: l'arte come simbolo dell'uomo che domina sulla natura. Gli insegnamenti di Venezia e della sua storia esemplare furono spesso presi a modello da altri paesi, desiderosi di raggiungere l'immortalità cui la Repubblica di San Marco pareva fosse destinata: e la Venezia più facile a capire era quella che più si identificava con l'antica Roma. Forse così si spiega perché l'architettura palladiana, specie quella delle ville, abbia avuto tanta fortuna anche in Inghilterra e in America. Infatti essa rappresentava quel tanto di umanizzazione e di adattabilità di sapore tipicamente veneto, da riuscire confortevole e utile a molti.
Il processo di riscoperta e di valorizzazione del paesaggio veneto, iniziatosi all'alba del Cinquecento dapprima in pittura, ad opera del Giorgione, aveva dunque trovato piena realizzazione grazie ad un altro artista della terraferma, Andrea Palladio.
Scrive il Kitzinger che l'arte veneta e veneziana in particolare, in tutte le epoche, risulta come animata da un costante anelito: quello dell' Ellenismo che probabilmente risale alle origini bizantine e ravennati della città, al fascino degli spazi-luce, alla preziosità della tecnica e delle belle materie, alla nobiltà raffinata che sembra congeniale agli spiriti della più alta tradizione veneziana: da Maestro Paolo a Giorgione, al Veronese.
 

Ed alla luce di questo Ellenismo perenne si pensa sia da considerare anche il più alto messaggio, l'idealità più affascinante dell'arte di Andrea Palladio, di cui l'esempio più significativo, anche per la presenza del Veronese nelle decorazioni, è forse la Villa Barbaro di Maser, nella quale la bellezza e l'utile si fondono in perfetta armonia. Per verificare, poi, in particolare, con che abilità il Palladio si adattasse ai luoghi ed alle esigenze del committente, potremo soffermarci soprattutto nel Basso Vicentino. Lì potremo verificare i profondi rapporti che legarono la progettazione architettonica palladiana agli ideali dei nobili committenti.

La sua fama ha fatto fatica a superare, lui vivente, il confine della nostra provincia e giungere fino a Venezia per fargli conquistare la carica di architetto della Serenissima, che ottiene solo alla morte di tutti gli architetti importanti a lui contemporanei.

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