Palladio ed ilPalladianesimo Montano Barbarano |
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Allora non c’era famiglia a Vicenza che non volesse un palazzo firmato Palladio. I problemi sono sempre le prospettive, perché questo è il palazzo di Montano Barbarano, cognato dei Porto che avevano il palazzo alla fine della strada. Attualmente è la sede del Centro Studi Andrea Palladio e si trova di fronte all’entrata principale della Banca Popolare di Vicenza. Qui il problema è che il palazzo, come vedete, ha una volumetria tale che non riusciamo a fotografarlo nemmeno ricorrendo ad un grandangolo, per cui le sue sono dimensioni che si inseriscono quasi a malapena nel tessuto urbanistico di Vicenza, tenendo oltretutto presente che è una minima porzione rispetto a quello che avrebbe dovuto essere edificato. Questo palazzo si distingue perché questa serie di intercolumni che dovevano essere sette, portato a dieci successivamente, dopo che la famiglia aveva comperato altro terreno, fanno sì che il portone d’ingresso non si trovi più perfettamente al centro del palazzo, come era stato progettato da Palladio. |
Anche qui possiamo ammirare soluzioni completamente diverse rispetto a quelle di palazzo Valmarana. Palladio qui utilizza la partitura di semicolonne doppie. Quindi semicolonne al pianterreno con capitello ionico, con la colonna abbinata alla precedente a creare un fascio per mascherare l’angolo. Al piano superiore, in proseguo, come indicava l’architettura greca e romana, soprattutto il trattato di Vitruvio a salire ordine ionico e ordine corinzio: si prosegue nel livello degli ordini. Come palazzo Valmarana presenta le balconate nello spessore del muro. Anche qui abbiamo i colonnamenti che sono triangolari oppure arcuati, ma rispetto ai palazzi precedenti qui abbiamo un’aggiunta significativa: questi trofei d’armi, queste decorazioni così presenti. |
Nella foto di sinistra vediamo il palazzo preso dall’alto da una finestra della banca e possiamo vedere il disassallamento dell’apertura centrale e questo inserimento delle finestre del piano terra, circondate dal bugnato gentile ed a specchiatura viva, quindi ad angolo vivo, ed il taglio della finestra con questa metopa che racconta storie di battaglia. Al piano nobile che affiancano le finestre, che sono coronate da timpani e da timpani centinati quindi a semicerchio, abbiamo questi festoni floreali, oppure trofei d’armi sul tipo di quelli che troviamo sulla Loggia del Capitaniato che poi vedremo: ci sono spade, corazze, daghe o elmi per far riferimento alle nobili qualità guerriere di questa famiglia che aveva dato capitani importanti alla Serenissima Repubblica ed ancora prima agli eserciti dell’Imperatore. Vediamo i festoni floreali che incorniciano le finestre ed i timpani che sono sormontati da figure adagiate riferite a divinità fluviali come c’erano in antichità. |
Tutto questo crea, con l’aggiunta del motivo decorativo nella cornice marcapiano, un elemento decorativo che è anche voluto dal committente, ma ci indica anche come Palladio non sia insensibile a quel gusto della decorazione, del gioco luminoso del chiaroscuro più insistito così chiaramente; tutti questi motivi decorativi diventano poi, imbevuti di luce, motivo di chiaroscuro che è proprio del periodo più tardo della sua produzione nel quale lui risente dell’influenza del manierismo di radice tosco-romano e che vedremo in modo più evidente nella Loggia del Capitanio. |
Stiamo entrando nel palazzo Montano - Barbarano e vedete che anche qui l’atrio si gioca sulle quattro colonne unite dall’arco di scarico che serviva indubbiamente a scaricare le forze delle masse murarie. Tutte le opere Palladiane si giocano su questo arco, che può anche essere chiamato arco vitruviano perché è nei libri di questo famoso architetto romano che lo troviamo proposto. Attenzione: con Vitruvio Palladio ha una lunga frequentazione, perché il testo di Vitruvio ci era arrivato, ma del testo ci erano arrivate le descrizioni ma non le immagini, non le piante dettagliate. Quindi voi immaginate un testo di architettura in cui c’è descritto il palazzo ma non ci sono i disegni: era complicatissimo decifrare esattamente le descrizioni. |
Allora dei personaggi importanti nella vita di Palladio, quasi quanto Giangiorgio Trissino, sono i fratelli Barbaro, uno patriarca di Aquileia, l’altro ambasciatore di Venezia presso la Santa Sede a Roma, che saranno quelli che gli commissionano la villa Barbaro a Maser, uno dei supremi capolavori della architettura di Palladio. Entrambi appassionati di architettura, collezionisti, intellettuali , traducono dal latino il trattato di Vitruvio e chiedono a Palladio di realizzare sulla scorta delle indicazioni di Vitruvio i disegni sostitutivi di quelli andati perduti. Quindi Palladio ha la necessità di appropriarsi, di far proprio suo il testo di Vitruvio, perché attraverso la lettura, la discussione con i Barbaro e con lo stesso Giangiorgio Trissino era talmente tanto l’appropriarsi della descrizione che Vitruvio fa dei suoi edifici di cui parla, a tal punto di essere in grado di ricrearne la pianta. Ed è proprio con questo studio che lui viene a conoscenza di tutte le tecniche, di tutte le tipologie più frequentemente proposte dall’architettura romana, che già aveva studiato anche nel primo viaggio a Roma insieme a Giangiorgio Trissino. Il secondo viaggio a Roma l’ha fatto poi con i Barbaro, per cui questo legame vien consolidato. |
Una particolarità di Palazzo Montano Barbarano: vedete che se la facciata si presenta come qualcosa di estremamente massiccio, se pure alleggerito in qualche modo dalle decorazioni plastiche, l’interno invece è estremamente leggero e mosso, perché presenta questo doppio loggiato sovrapposto sempre con l’alternanza di ordine ionico ed ordine corinzio ed il cortile sul quale si affaccia il resto della costruzione. |
A destra la pianta dell’edificato. In realtà questo è quanto avrebbe dovuto realizzare il Palladio. Vediamo la facciata estremamente semplice, il portone d’ingresso al centro dei sei intercolumni, tre a destra e tre a sinistra; vediamo che non presenta minimamente quel discorso di decorazione che invece noi abbiamo visto poi realizzato; vediamo anche che non presenta il doppio ordine di colonne in quanto immaginava una colonna di ordine gigante, sulla falsariga dei semipilastri di palazzo Valmarana. Quindi una somiglianza, un’assonanza perché i due palazzi si sarebbero dovuti quasi immaginare nella sua mente come due blocchi dello stesso rione, perché se qui siamo in contrà Porti questo è il doppio ingresso, a quattro colonne allungato, questo è il cortile, qui avremmo avuto le scuderie per i cavalli, quindi le scale e sopra i locali di servizio. Avremmo qui avuto una corte lunga 52 -55 piedi che sarebbe arrivata esattamente fino a stradella S. Giacomo, praticamente a confinare al di qua della strada con le scuderie di palazzo Valmarana che abbiamo visto prima. Possiamo idealmente pensare che le due facciate del palazzo fossero quelle di un unico palazzo che si estendeva da Corso Fogazzaro a Contrà Porti diviso solo da Stradella S. Giacomo. Le due facciate giocate entrambe su strutture giganti, pilastri – colonne, avevano questa idea di fondo. |
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La realizzazione invece, il famoso corso d’opera, si modifica profondamente. Nelle prossime lezioni, quando parleremo del palladianesimo, e la prima personalità su cui dovremo discutere, dissertare è Inigo Jones, perché è l’architetto che arriva in Italia con sotto il braccio i “ “Quattro Libri dell’Architettura”, con annotate tutta una serie di note, di appunti, che sono diventati per Inigo Jones in Inghilterra una specie di Bibbia. Lui ha un’edizione originale in italiano, il che vuol dire che conosce l’italiano, l’italiano tecnico da architetto, il che non è da tutti, perché nei quattro libri ci sono anche gli edifici che il Palladio ha disegnato quando è andato a Roma. |
Nel primo libro ci sono tutte le tecniche edificatorie dei romani, tutti i moduli, i capitelli ionici, corinzi, toscani ecc. Vuol dire quindi che Inigo Jones ha fatto propria la cultura italiana ma non in generale; ha fatto proprio lo spirito del rinascimento, questo riabbeverarsi alle fonti classiche attraverso però la cultura umanistica del ‘500 italiano. E’ diventato un rinascimentale. Quando è arrivato a Vicenza penso abbia avuto in un primo momento uno chock perché tutto quello che aveva visto in pianta in quei libri, non c’era, non era stato costruito, era diverso. Probabilmente ha pensato di trovarsi di fronte un architetto che nella realtà ha avuto degli ostacoli sul terreno, che non l’hanno bloccato, ma sono stati di pungolo per trovare delle soluzioni in corso d’opera di tale genialità, che gli fanno pensare che Palladio sia ancora più grande come architetto nel poco realizzato, che nel tanto scritto perfetto del trattato. Cosa fa il Palladio? Fa il trattato ed il trattato è la sua architettura ideale. Se tutto andasse come dovrebbe andare, lui lì costruirebbe in quel modo. I Montano Barbarano gli danno un lotto di terreno che lui spiana, ara e sul piano costruisce come vuole. Ma non può, perché I Montano Barbarano gli dicono che sotto hanno delle casette per cui meglio non buttare giù niente e tenere i muri portanti per risparmiare. Quello che si può recuperare si recupera tutto, fino all’ultimo mattone. Allora il nostro povero Palladio è geniale, perché gli continuano a mettere intoppi lungo la strada e lui questi intoppi li fa diventare elementi portanti; come dire: fare di un difetto un punto di forza. Se noi entriamo nel palazzo, vediamo che questo muro è diagonale. Allora Palladio gioca, utilizza l’illusione ottica per cui ha leggermente inclina anche l’altro muro così il nostro occhio li vede identici, li vede perfettamente perpendicolari, perché lui sa che l’occhio può essere illuso. E quindi Palladio diventa grande prima all’estero che in Italia, perché la barchessa arcuata di Villa Badoer è stata copiata da Gian Lorenzo Bernini in Piazza San Pietro a Roma, dopo aver studiato i 4 libri di Palladio. Egli scoprì quest’idea che suggeriva un fulcro centrale, esattamente la villa, dove inserisce la Basilica di San Pietro. L’idea di queste ali arcuate è straordinaria perché dà l’idea delle braccia della chiesa che abbracciano i fedeli; egli è uno dei pochi architetti italiani che guarda al Palladio. La fama di Palladio, poi, diventa enorme attraverso la fama che lui acquista all’estero, più che in Italia. Egli diventa un architetto internazionale perché è studiato fuori dall’Italia. Nei testi di Storia dell’arte, un tempo, Palladio era spiegato in una paginetta e mezza, mentre il Michelangelo in otto. Era un fenomeno locale che diventa il palladianesimo perché è l’architetto più conosciuto all’estero dove non si guarda al Michelangelo o al Raffaello, ma si guarda al Palladio, che è stato conosciuto attraverso il trattato. Ma anche il Serlio, anche Sammicheli hanno pubblicato dei trattati, ma l’unico che ha successo è quello di Palladio. |